giovedì 28 febbraio 2013

EMILIA ROMAGNA: COPPIA FERRARESE

La Coppia Ferrarese, "Ciopa" o, "ciupeta" è un pane emiliano, tipico della città di Ferrara, e prodotto IGP (Indicazione Geografica Protetta).
Il 27 febbraio 2004 si è costituito il Consorzio di tutela per la Coppia Ferrarese IGP.
Gli ingredienti sono: la farina di grano tenero di tipo “0”, l'acqua,  lo strutto di puro suino, l'olio extravergine di oliva, il lievito naturale “madre”, il sale e malto.
In epoche antiche, uno statuto del 1287 ordinava ai panettieri di fare pane con orletti, che non si abbassasse quando si cuoceva, ben cotto, e di apporre un sigillo che identificasse il produttore.
Inoltre i forni non dovevano essere situati nelle vie più trafficate perché il pane non si impolverasse.
La versione più rassomigliante nella forma all'attuale Coppia ferrarese si può far risalire al Carnevale del 1536, quando in una cena imbandita in onore del duca di Ferrara, secondo la leggenda, messer Giglio presentò in tavola un pane ritorto, con i caratteristici "crostini" aventi una forma simile a cornetto.
Molte sono le citazioni del pane ferrarese ad opera di protagonisti del mondo culturale. In un articolo del 2008, Folco Quilici racconta come nella sua famiglia la Coppia ferrarese, finisse presto al centro dell'attenzione nei discorsi con ospiti "forestieri". Nonostante il lavoro di documentarista abbia portato Quilici in giro per il mondo, ed abbia quindi avuto occasione di assaggiare numerosi tipi di pane, egli chiude l'articolo in questione dicendo: "È stato per me «il cibo preferito» e qualunque sforzo io faccia, è sempre il pane ferrarese che mi manca, che desidero, che non perdo occasione di magnificare e di gustare”.
Riccardo Bacchelli parlava del pane ferrarese come de “Il Pane migliore del mondo.” Nella sua opera "Il mulino del Po" narra appunto del luogo dove si produceva la farina per il pane ferrarese.
Il rito della panificazione domestica nelle famigle ferraresi è cantato anche da Corrado Govoni in "Casa Paterna" nell'opera poetica "Inaugurazione della primavera" del 1915. Ed in un altro luogo ebbe occasione di dire: "Il nostro Pane: orgoglio di noi ferraresi. Dono dell'aria, dell'acqua, dell'uomo. Offerta generosa di Ferrara al mondo.”


Fonte: www.wikipedia.it

martedì 26 febbraio 2013

FRIULI VENEZIA GIULIA: GRISPOLENTA

Sono dei grissini dall'aspetto rustico ed hanno un gusto fragrante e friabile grazie alla presenza di farina di mais sia nell'impasto che cosparsa superficialmente prima della cottura. E' un prodotto da forno a base di farina di mais e farina di frumento tipico della Carnia, nota regione friulana, facente parte della provincia di Udine, compresa tra le Alpi Carniche e il fiume Tagliamento. 
Sono dei grissini lunghi circa 15 cm e spessi un dito, dall'aspetto rustico. Hanno un gusto fragrante grazie alla presenza di farina di mais sia nell'impasto che cosparsa superficialmente prima della cottura. Fatti con farina di mais, farina di frumento tipo "0", acqua, olio di oliva, strutto, lievito naturale, sale. Unire la farina di mais (30%) con quella di frumento (70%).
Aggiungere il lievito madre, fatto fermentare la sera prima, acqua salata, olio e strutto. Lavorare bene l'impasto. Lasciare riposare per 20-30 minuti. Formare dei grissini lunghi circa 15 cm, spessore di un dito. Cospargere la superficie con farina di mais.
Cuocere in forno caldo per 20 minuti. Vengono confezionati in vaschette del peso di circa 200 gr. l'una. Il panificio che li produce è operante dal 1870 e anche allora produceva diversi pani a base di farina di mais.

Fonte: www.prodottitipici.com/

venerdì 22 febbraio 2013

TOSCANA: PANE DI NECCIO DELLA GARFAGNANA

Il Pane di Neccio della Garfagnana è prodotto in due forme, rotonda e a filetto.
La pezzatura e di 400/500 gr, la crosta e liscia, morbida, di colore marrone scuro, la pasta ha colore leggermente più chiaro della crosta, è morbida compatta, con intenso profumo di castagne.
Tra gli ingredienti la farina di frumento tipo 00, la farina di castagne ( neccio della Garfagnana ), il lievito di birra, la pasta madre, acqua , sale.
Il Pane di Neccio della Garfagnana si presta bene ad abbinamenti con salumi come il lardo, biroldo e testa in cassetta e con il pecorino della Garfagnana, si presenta ottimo anche con il miele della Garfagnana.
Alcuni produttori sono la Panetteria "Profumo di pane" e Panificio "Angela" a Castelnuovo Garfagnana. Il Pane di Neccio viene prodotto 3 volte alla settimana e venduto direttamente in zona.
Per arrivare a Castelnuovo Garfagnana, dalla Versilia per Seravezza, proseguire fino a raggiungere la località; da Lucca proseguire lungo la ss 12 fino a Borgo a Mozzano, quindi procedere lungo la ss 445.

Fonte: www.paesiapuani.it

mercoledì 20 febbraio 2013

ABRUZZO: PANE DI CAPPELLI

Il Pane di Cappelli, la cui produzione è iniziata nei primi anni del ‘900 quando, su iniziativa del Senatore abruzzese Raffaele Cappelli, da cui prende il nome, fu realizzata la riforma agraria che ha portato la distinzione tra grani duri e teneri.
Il Pane di Cappelli è ottenuto da una lavorazione particolare che è stata tramandata da padre in figlio per decenni sin dal 1930. Caratteristico della provincia di Chieti, questo pane viene lavorato con farine di grani duri tipici delle colline abruzzesi, che per il loro profumo, unito alla lavorazione della pasta di riporto (lievito madre) e all’aggiunta di pasta acida, permettono di avere un aroma tipico.
Gli ingredienti sono: farina di semola di grano duro (10 kg); acqua (8 kg); lievito di pasta di riporto (pH 4,1-3,5 kg); pasta acida (pH 3,8- 500 g); sale (250 g). Per la produzione di questo pane si procede al rinfresco serale, che consiste nell’impastare una parte di lievito di pasta di riporto e due parti di farina di grano duro e, dopo circa 3 ore e trenta minuti, si ripete la stessa operazione sempre con una parte di pasta e due di farina. La lievitazione esatta della pasta di riporto avviene al momento del raddoppio della massa, ed è quindi pronta all’uso.
La pasta acida consiste in una massa che il panificatore lascia la mattina per il giorno dopo da amalgamare all’impasto. La stessa viene lasciata in contenitori con acqua fresca, in modo da favorirne la fermentazione con la produzione di acidi acetici che conferiscono al pane friabilità e permettono la sua conservazione per alcune settimane. L’impasto, effettuato con macchine impastatrici, dura circa trenta minuti; la pasta viene messa a riposare in apposite casse di legno, alla base delle quali vengono poggiati dei teli di stoffa che una volta coperto il pane, essendo grezzi e asciutti, non si attaccano ad esso.
Il legno di queste casse serve anche a permettere che la massa cruda lieviti naturalmente: i lieviti infatti si riproducono in presenza di ossigeno, creando eteri acetici. La lievitazione dura circa tre ore e trenta. Il pane viene lavorato in pezzature che variano da circa 500 g a 2 kg. Dopo la lavorazione il pane va inciso e infornato.
La cottura varia a seconda della pezzatura del pane. Il pane di Cappelli presenta una colorazione interna giallo paglierino con pronunciati alveoli di forma ovale e può conservarsi per alcune settimane. Valori nutrizionali per 100 g di prodotto cotto: proteine 15%; carboidrati 60%; fibre1,5%; acqua 28,5%; lipidi:0,5%; kcal 276. L’elemento caratteristico della produzione di questo pane è l’uso della pasta di riporto, detto lievito madre, che il panificatore oggi cura ancora con le antiche metodologie. Il pane di Cappelli è prodotto da oltre 30 anni ed è conosciuto con diversi nomi dialettali (filoncino di municarella; coppietta; pagnotta alta; filone; cuscino; schirone). 


Fonte: www.arssa.abruzzo.it/

lunedì 18 febbraio 2013

SICILIA: MAFALDA

La Mafalda è un pane molto antico che caratterizza la storia della panificazione siciliana, in particolare di quella palermitana.
 La Mafalda è tra i pani più comuni e più venduti soprattutto nei quartieri e nelle zone più popolari della città.  E' un pane molto profumato dato dall'uso della semola di grano duro e soprattutto dal sesamo. E' molto indicato con insalate e formaggi.
La Mafalda è un pane dalla crosta dorata, dal delicato e caratteristico sapore di semi di sesamo, foggiato in diverse forme, tra le quali gli “occhi di Santa Lucia” e la “Corona”, ottenuta tagliando in due punti il lato superiore di un panetto a forma di mezzaluna – non superiore ai 3 etti – che con la lievitazione e la cottura si apre a ventaglio nella parte incisa, facendola assomigliare, appunto, a una corona. Si presuppone che sia un pane di origine araba , perchè furono gli arabi ad importare in Sicilia i semi di sesamo, la “giuggiulena “ ma credo che sia una forzaturaE’ più attendibile l’ipotesi che questo pane venne inventato nel tardo Ottocento e dedicato a Mafalda di Savoia agli inizi del Novecento da un panificatore catanese.

Fonte: dal settimanale informativo della Federazione Italiana Panificatori, Panificatori-Pasticceri e Affini " L'Arte Bianca", un articolo di Rosanna Iacovino apparso il 21.06.2004:

venerdì 15 febbraio 2013

SARDEGNA: CIVRAXIU

Il Civraxiu è un tipico pane sardo originario del Medio Campidano.
Il termine Civraxiu deriva dal latino “cibarius”, conosciuto anche col nome di civràxu, civàrxu o semplicemente Pane di Sanluri.
In relazione al nome di questo pane, esiste anche una leggenda, che vuole che nell’anno 235 a.C. un soldato, il legionario romano di nome Ciro, e un ragazzo di nome Vargio con la semola di grano duro inventarono un buon pane. Gli abitanti della zona talvolta lo chiamava Ciro, talvolta Vargiu, altre volte Ciro-Vargiu o in modo abbreviato Ci-Vargiu, col tempo il nome divenne Civraxiu.
E' fatto con semola di grano duro, dal caratteristico profumo; il peso non inferiore a 2 kg, a base circolare, presenta una crosta croccante e la mollica morbida. Grazie alla sua preparazione e agli ingredienti rimane buono e morbido per lungo tempo. In passato veniva preparato una volta alla settimana.

Fonte: www.wikipedia.it

giovedì 14 febbraio 2013

CALABRIA: FRESA

La Fresa (o anche Frisa) è un pane della tradizione culinaria calabrese.  Si tratta di pasta di pane lievitato, dalla forma cilindrica, che viene biscottata in forno. La Fresa faceva parte della tavola contadina considerata povera in tempi passati. I braccianti, infatti, terminate le scorte di pane, la utilizzavano a pranzo o a merenda, bagnandola col vino e strofinando sopra dei pomodori freschi. Alle volte questo bastava per andare avanti per una intera giornata di lavoro.
Oggi è considerato un sostitutivo del pane, prevalentemente al Sud della nostra penisola, infatti è sì un po’ il vanto della cucina calabrese, ma oramai è presente anche in Campania e Puglia. Esistono infatti più versioni della fresa: integrale, bianca, di grano duro, di granone.
Viene servita come antipasto, soprattutto nelle sere d’estate, riprendendo parte di quella tradizione contadina. Cambia solo l’elemento per inumidire la fresella, allora si usava il vino, adesso basta passarle rapidamente sotto l’acqua, e subito dopo distribuirvi sopra, dei pomodori rossi succosi, opportunamente tagliati in precedenza. Ai pomodori si può aggiungere a seconda del proprio gusto, l’origano, ma anche dell’abbondante e profumato basilico (anche elemento presente nei nostri piatti estivi), sale ed olio quanto basta. Il risultato sarà sorprendente, perché il gusto è estremamente semplice, diretto ed efficace.

Fonte: dal blog www.stilefemminile.it

martedì 12 febbraio 2013

CAMPANIA: MIGLIACCIO

Il Migliaccio è un piatto semplice e gustoso della tradizionale cucina campana. E' un dolce di Carnevale che, pur non essendo fritto, è anche uno dei dolci più tradizionali in assoluto. Alcuni la chiamano Torta di semolino/a ma il suo vero nome è migliaccio e se sotto Carnevale capitate a Napoli o provincia, non avrete difficoltà a trovarlo nelle pasticcerie o nei ristoranti.
Nei comuni della Valle Caudina (divisa tra le province di Benevento e Avellino), il Migliaccio è una specie di polenta cotta al forno o semplicemente fritta e rappresenta il piatto principe del martedì grasso (Carnevale), nelle varianti dolce e salata.
La variante dolce è la variante povera della sfogliatella napoletana e al ripieno della sfogliatella si avvicina parecchio, al punto tale che il migliaccio viene chiamato nella Valle Caudina anche "sfogliata".

La Ricetta del Migliaccio Napoletano

Ingredienti:
  • 250 grammi di semolino
  • 250 grammi di ricotta
  • 250 ml di latte
  • 750 ml di acqua
  • 50 grammi di burro
  • 4 uova
  • 300 grammi di zucchero
  • la scorza intera di un limone
  • la scorza grattata di un limone
  • 2 cucchiai di essenza di vaniglia pura
  • 1 cucchiaio e mezzo di limoncello
  • Zucchero a velo

Far bollire il latte, l’acqua, il burro e la scorza intera del limone. Una volta arrivato a bollore togliere la scorza del limone e versare il semolino a pioggia quindi, continuando a mescolare con un cucchiaio di legno, cuocere per circa 10-11 minuti ovvero fin quando il composto non è diventato parecchio denso (quasi duro);
Setacciare la ricotta e lavorarla insieme alle uova, allo zucchero, alla scorza grattata del limone, all’essenza di vamiglia e al limoncello;
Unire il composto con il semolino al composto con la ricotta formando un impasto cremoso (se necessario frullatelo in modo che non restino grumi);
Imburrare la teglia e infarinarla quindi versare tutto l’impasto del migliaccio e cuocere in forno già caldo a 200° per circa 40-45 minuti fino a quando la superficie non risulti scura (come fosse un budino). Far raffreddare, spolverare di zucchero a velo e servire.

Fonti: www.wikipedia.it per la ricetta dal blog: www.lacuochinasopraffina.com

venerdì 8 febbraio 2013

TRENTINO ALTO ADIGE: STRAUBEN

Gli Strauben (per la verità il termine in tedesco è normalmente solo al plurale die Strauben) sono un dolce fritto tipico del Sudtirolo/Alto Adige, della Baviera, di una parte dell'Austria (in particolar modo nella regione storica del Tirolo) e del Trentino ed è in quest'ultimo conosciuto col nome (sempre plurale) di Straboi o Stromboi (e con molti altri nomi simili).
Il nome deriva dal tedesco ‘Straub’ che significa "tortuoso, arricciato, disordinato, scompigliato", data la forma di questo piatto alquanto "contorta".
Solitamente questo tipo di dolce viene preparato in tutte le sagre di paese, che si svolgono nelle stagioni calde nelle piazze tirolesi.
L'impasto consiste in una pastella ottenuta dal miscelamento di: farina, burro, latte, grappa, uova e olio. La pastella viene successivamente versata nell'olio bollente, facendole prendere la forma di un vermicello arrotolato e arruffato.
A fine cottura viene posto su di un piatto e ricoperto da zucchero a velo e spesso accompagnato da marmellata di mirtilli rossi.

La Ricetta

Ingredienti:

  • Burro 25 gr
  • Farina 200 gr
  • grappa 1 bicchierino
  • latte: 250 ml
  • uova 3
  • sale 1 pizzico
  • zucchero 50 gr
  • Olio di semi qb
  • zucchero a velo qb
  • marmellata di di mirtilli rossi qb.

  •  
    Mettere il latte in una ciotola e incorporate gradualmente la farina, poi unite il burro fuso, la grappa, i tuorli, sale e zucchero, mescolate bene fino ad avere una pastella omogenea. Incorporate gli albumi montati a neve e mescolate dal basso verso l’alto.
    Mettere l’olio di semi in una padella dai bordi alti e poi mettere un po’ di pastella dentro un imbuto che dovrà essere chiuso alla base con un dito o un pezzetto di plastica. Quando l’olio sarà arrivato a temperatura, partendo dall’esterno fare una spirale, quando la frittella sarà dorata estrarla con la schiumarola e poi porla sulla carta assorbente da cucina per eliminare l’olio in eccesso.
    Mettere la frittella su un piatto, decorare con lo zucchero a velo e poi al centro un cucchiaio di marmellata di mirtilli.
     
    Fonte: www.wikipedia.it, ricette.pourfemme.it 

    mercoledì 6 febbraio 2013

    UMBRIA: CROSTINI UBRIACHI

    I Crostini Ubriachi, sono dolci tipici di Città di Castello, in provincia di Perugia. Diffusi soprattutto nelle campagne umbre, sono dolci tradizionali del periodo di carnevale.
    I Crostini, lo dice la parola stessa, sono a base di pane raffermo, cotto nel forno a legna, inzuppato con liquore al rum, alchermès, cioccolato, caffè e mandorle.



    La Ricetta

    Ingredienti:

    • 200g di mandorle
    • 200 ml di alchermes
    • 200ml di rum
    • 160g di cioccolato dolce
    • 120g di cioccolato fondente
    • 8 fette di pane casereccio raffermo ripulite dalla crosta
    • 4 tazze da caffè di caffé
    Affettare il pane e farlo tostare in forno. Nel frattempo fondere in una pentola il cioccolato fondente con il caffè, il rum e l'alchermes. Immergere in questo composto cremoso i crostini tostati in modo da ricoprirli completamente.
    Farli sgocciolare bene e adagiarli su un vassoio. Alla fine colare sopra ai Crostini Ubriachi il cioccolato dolce rimasto e, prima che questo si solidifichi, cospargerli di mandorle tostate e tritate.

    Fonte: dal blog www.ricettemania.it

    lunedì 4 febbraio 2013

    EMILIA ROMAGNA: TAGLIATELLE DOLCI

    Le Tagliatelle dolci sono tipiche dell'Emilia Romagna. Dolci tradizionali del Carnevale, legati alla semplicità delle usanze contadine.
    In realtà sono normali tagliatelle che diventano golose, cospargendo la sfoglia appena tirata con zucchero e succo di limone o di arancia.
    La sfoglia è poi arrotolata e tagliata come per le tagliatelle ma lasciata in rotolini per essere poi così fritta.

    La Ricetta

    Ingredienti

    200 gr di farina,
    2 uova,
    4 cucchiai di zucchero semolato,
    1 arancia non trattata,
    olio di semi di Arachidi q.b.,
    zucchero a velo q.b.

    Impastare la farina con le uova come per una comune pasta all'uovo. Tirare quindi una sfoglia di medio spessore, poi cospargerla con zucchero semolato e la buccia grattugiata dell'arancia. Arrotolate la pasta come fate per le tagliatelle, tagliandola quindi della larghezza di circa 1 cm. Lasciate la sfoglia arrotolata e friggetela in abbondante olio, scolatela poi su una carta assorbente. Disponete quindi le tagliatelle fritte su un vassoio da portata, cospargetele di zucchero a velo e servitele fredde.

    Ricetta attuale
    Nella versione attuale, lo zucchero viene aggiunto all'impasto insieme allo zeste di arancia. L'impasto ottenuto viene lavorato come nella ricetta tradizionale.

    Fonte: www.emiliaromagnaturismo.it/enogastronomia

    venerdì 1 febbraio 2013

    SARDEGNA: ZIPPULAS

    Le Zippulas sono delle frittelle del periodo carnevalesco tipiche della Sardegna. Numerose sono le varianti di questo prodotto, infatti  ogni paese ha la sua ricetta. In molte è previsto l'uso dello zafferano specialmente nella Sardegna del sud, possono cambiare la forma dalla ciambella alla spirale.
    In Sardegna quasi tutte le famiglie hanno l'imbuto giusto per fare queste frittelle, è un imbuto in acciaio con un manico, in mancanza di quest'atrezzo si può usare anche il sac-a poche.
     
    La Ricetta

    Ingredienti:
    • 300 g di semola rimacinata
    • 300 g di farina "00"
    • 50 g fecola di patate
    • 15 g di lievito di birra
    • 2 uova
    • 1 arancio succo e scorza grattugiata
    • la scorza grattugiata di un limone
    • latte intero 250 ml circa
    • acqua una tazza
    • un cucchiaino di sale fino
    • mezzo bicchierino di acquavite o grappa.
    • Zucchero.
    Miscelare la farina con la semola rimacinata, il sale e la fecola di patate , unire le uova e iniziare a lavorare l'impasto. Aggiungere l'acqua e continuare a impastare con un cucchiaio di legno o con un'impastatrice. Aggiungere un bicchiere di latte sempre lavorando. Unire il succo dell'arancia e le scorze grattugiate . Continuare aggiungendo a filo tutto il latte tenendone da parte solo due cucchiai per sciogliere poi il lievito.  Alla fine aggiungete l'acquavite e il lievito sciolto nel latte. L'impasto deve risultare quasi liquido ma elastico.

    Fonte: dal blog nanielollycucinaedintorni.blogspot.com