mercoledì 5 dicembre 2012

UMBRIA: TORCOLO DI SAN COSTANZO

Classica forma a ciambella e incisione pentagonale della pasta (a indicare, secondo la tradizione, le cinque porte di Perugia). Ingredienti (dalla ricetta dell’Accademia Italiana della Cucina di Perugia): farina di grano tenero, acqua, lievito (la ricetta originale prevede l’utilizzo del "lievito acido", un lievito naturale ottenuto dalla fermentazione di farina e acqua; tuttavia, la ricetta consente l’utilizzo o l’aggiunta di lievito di birra), olio extra vergine di oliva, zucchero, uva passa, vero candito di buon cedro candito (colore verde, sapore adeguato), pinoli, semi di anice.
Lavorazione: si impastano farina, acqua e lievito; lievitazione dell’impasto, detto "biga", a temperatura media e costante per circa 3-4 ore, in contenitori di plastica coperti; quando l’impasto ha raddoppiato il suo volume, si aggiungono: zucchero, uva passa, cedro candito a cubetti, pinoli, anice e olio extra vergine di oliva; si lavora ancora l’impasto fino a renderlo omogeneo e, si formano delle ciambelle praticando su ognuna di esse cinque incisioni diagonali, che rappresentano le cinque porte di Perugia.
Le ciambelle vengono poi collocate su teglie da forno e infornate per circa 30 minuti. Il
prodotto fresco va conservato ad una temperatura di circa 6°/8° C per 2/3 giorni al massimo.
Il Torcolo di S. Costanzo è stato creato in onore di San Costanzo, patrono di Perugia, condannato
alla decapitazione. E’ nato come dolce povero, preparato con ingredienti semplici e facilmente
reperibili; l’impasto di base, infatti, veniva preparato con la pasta del pane. Sull’origine della sua forma a ciambella esistono varie versioni:
a)  si dice che il buco rappresenti il collo decapitato del Santo;

b)  si dice che la forma a ciambella rappresenti la collana del Santo ricca di pietre preziose (da qui il cedro candito), che si è sfilata al momento della decapitazione;
c)  si dice sia stato fatto con il buco semplicemente per poterlo infilare facilmente nei bastoni per trasportarlo alle fiere 
o ai mercati.

Si dice che un tempo i fidanzati si recavano ad adorare la Statua del Santo, presso la Chiesa di S.
Costanzo, "con la scherzosa speranza di ricevere dal Santo l’occhiolino"(1) che stava ad indicare che si sarebbero sposati entro l’anno:

"San Costanzo dall’òcchjo adorno,
famme l’occhjolino sennò n’c’artorno"
(2)
(S. Costanzo, dall’occhio adorno,
fammi l’occhiolino altrimenti non ritorno).

(1)  AGOZZINO Giuseppe, Domenica in cucina, 1968;
(2)  CATANELLI Luigi, Vocabolario del dialetto perugino, Tibergraph Ed., 1995.

Fonte: www.agriforeste.regione.umbra.it

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